La madre degli esuli

Chi arrivava via mare a New York, capiva bene dove si trovava appena vedeva venirgli incontro la statua della Libertà, la grande “madre degli esuli”, come era stata chiamata, la promessa di una nuova vita dignitosa. Davanti alle proteste di 16 procuratori degli Stati Uniti, insieme a quelle di mezzo mondo, Donald Trump ha perso il suo sangue freddo. Il neo presidente ha dovuto diramare una nota in cui si spiega che il blocco delle frontiere non è una misura anti islamica e che comunque si tratta solo di un provvedimento temporaneo, dello stesso genere che prese il presidente Obama all’inizio del suo mandato per tutelarsi dalle provenienze dall’Iraq. Il solo fatto che il nuovo inquilino della Casa Bianca si sia dovuto riparare dietro le orme del suo predecessore, dimostra quanto forte sia stato lo scontro con la realtà. Gli aeroporti bloccati, il panico fra i viaggiatori, le proteste in mezzo mondo e le proprie procure all’assalto. I fasti del giuramento sembrano davvero lontani e sono passate solo un paio di settimane. Non manca nemmeno la lezione di politica da parte degli ayatollah che se la ridono: gli estremisti di tutto il mondo non potevano avere incoraggiamento migliore da una mossa tanto strampalata. E se trovarsi contro l’Iran, era pur sempre da mettere nel conto, che dire dall’adorata premier britannica May che ha anche bocciato una decisione tanto sconsiderata? L’Inghilterra non apparirà mai come uno scoglio inospitale. Il presidente Trump si è dimostrato un fenomeno elettorale formidabile, ma per quanto egli abbia a cuore la sicurezza e la prosperità della sua grande nazione, dovrà calibrare meglio le prossime mosse. L’America ha comunque un’ideale, una storia ed una tradizione da difendere, prima ancora delle sue frontiere, che poi non sono così minacciate come Trump vorrebbe far credere.

Roma, 30 gennaio 2017